La
magia nella passione del Natale
Tema: Passione
Si dice che ogni storia abbia
origine da un’altra storia: forse è vero... oppure no! Ma io ne ho una che a me
sembra davvero buona.
Soffice, il terreno cedeva
leggermente sotto la gomma delle suole; qua e là, le ultime foglie intimorite
dal freddo crepuscolo di Dicembre si lasciavano gentilmente cadere dai rami e
dai cespugli. Nel farmi strada scansando arbusti e rovi, facendo attenzione ai
dirupi più scoscesi, sarei potuto arrivare a casa sano e salvo. Era stato bello
lo stesso, anche se nel freddo pungente d’inizio inverno, liberare pensieri e
spaziare con lo spirito nel silenzio arboreo della natura. La ricerca di
“addobbi ecologici” era stata fruttuosa: muschio e legno per il presepe,
pungitopo, agrifoglio e vischio per addobbare tavola e la casa, oramai avevano
riempito la cesta. Quasi per istinto, disperdevo lo sguardo verso l’orizzonte e
sempre più flebile era la luce del giorno, il sole si adagiava assonnato
nell’ombroso letto della notte. Così a quel modo, disorientato e sperduto in
uno squarcio da sogno, alla soglia del bosco, inciampai. Riprendendo
l’equilibrio dopo pochi attimi (ed evitando un capitombolo), finalmente con i
piedi ben piantati nel terreno guardai in basso e notai l’ostacolo che si era
frapposto lungo il mio incedere. Aveva una forma netta e definita, non era
certo terriccio su radice o pietra... chinandomi e toccandolo avvertii una
sensazione strana. Si trattava di un oggetto dissepolto, forse dal vento e
dalla pioggia. Scavando un po’ con le dita mi apparve un cofanetto sporco di terra.
Non ci pensai su due volte e col buio che incombeva lo gettai nel cestino tra
il muschio e il resto, quindi mi incamminai per casa. Nel tragitto che ancora
mi restava, idee e ipotesi sul contenuto affollavano la mente, e con queste
nella testa mi ritrovai a casa ancora fantasticando; quasi senza salutare,
sotto lo sguardo perplesso di mia moglie, posai la cesta e mi involai verso la
cassetta degli attrezzi. Forte era l’intento di scoprire il contenuto, e una
volta ripulito alla buona dal terriccio, fu bello vedere la sua forma di ottima
fattura, con intagli e intarsi di vario tipo. Tuttavia, che disdetta!, a nulla
poterono cacciaviti e tenaglie: sembrava quasi che una magia non volesse che lo
aprissi. La stancante giornata che mi lasciavo alle spalle mi convinse in quel
momento a desistere, quindi cenai e andai a letto dando l’ultimo sguardo di
sfida al cofanetto posto sul tavolo.
La notte si dissolse in fretta.
Era scoraggiante mettere i piedi fuori dal tepore soffice del risveglio, ma il
dovere mi chiamava: un bel caffè caldo, stava per cominciare una domenica di
festa. A malincuore, abbandonai cuscini e coperte. Un freddo ma limpido sole
filtrava tra le tapparelle e illuminava furtivamente la cucina. Le parti
metalliche del cofanetto riflettevano i raggi nei miei occhi... ma...
osservando meglio con stupore... mi accorsi che era aperto inspiegabilmente! Mi
ci avventai sopra, dimentico del caffè e dei miei progetti per la giornata, e
lo aprii in un misto di scaglie, polvere tarlata di legno e limatura di
ruggine. Ecco che, racchiuso in un telo grezzo e logoro era contenuto quello
che presumibilmente doveva essere un antico panetto di pasta madre, poiché tra
la trama di tessuto si scorgeva una pallina pietrificata. E un testo
l’accompagnava, su un foglio ingiallito in lingua antica. Come un bambino
meravigliato alla mattina di Natale davanti al suo regalo, mi sedetti al tavolo
e mi immersi nella lettura di questo inaspettato tesoro; tutto sommato, oltre
gli addobbi avevo trovato qualcosa di molto più interessante e gustoso... Nella
quiete silenziosa della domenica mattina, come ispirate dalla lettura, le mie
mani si misero in moto, quasi senza rendermene conto, e per una sorta di magia
dei lievitati apparvero sulla tavola mezza imbandita, tra bacche di pungitopo e
rami di agrifoglio, decorandola di una nuova festa... Un sortilegio? O lo
spirito del Natale? Chissà...
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Almerindo?
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